Jean Genet può essere considerato come l'ultimo drammaturgo di una generazione letteraria francese e uno degli scrittori più tradizionalmente ribelli e più profondamente innovatori. I suoi drammi esaltano l'illusione teatrale, ma forse ne mostrano anche la miseria; riflettono sul teatro coi mezzi del teatro per concludere inevitabilmente con la glorificazione della sua irreltà. Questo saggio ripercorre e analizza la sostanza visionaria e allucinata dell'universo drammaturgico genettiano cercando di fare luce sui paradossi che il 'caso Genet' sottopone all'attenzione del lettore, l'ambiguità, l'incessante metamorfosi, i giochi dell'immagine e dei suoi infiniti riflessi, le atmosfere oniriche. Il rapporto fra realtà e apparenza attraversa tutte le sue pièces e si risolve in un superamento dei rispettivi limiti di queste nozioni, sotto il segno della differenza, che ha caratterizzato la vita e le opere di questo scrittore e che, alla fine del suo percorso, apre nuove e stimolanti prospettive.
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